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Santa Croce di Magliano, piccolo centro del Basso Molise di non oltre 5000 abitanti vanta l’onore di avere dato i natali a illustri cittadini che nel corso del tempo si sono distinti in diversi rami delle arti figurative, della letteratura e della scienza.

Italo d'Onofrio è uno di loro. Nasce il 30 novembre del 1923 da Vincenzo, originario di Terracina in provincia di Latina (Lazio) discendente da un’antica famiglia siciliana, e da Clementina Jovari santacrocese proprietaria terriera.

Una famiglia benestante, dunque, che si distinse per lo spirito di filantropia e che fu ripagata con affetto dal popolo santacrocese. I più anziani del paese ricordano ancora la piena disponibilità di donna Clementina, una delle poche dame alfabetizzate dell’epoca, a leggere e scrivere le lettere che i soldati dai fronti o i mariti partiti per le Americhe inviavano o ricevevano dai loro cari. Don Vincenzo, a sua volta, nel ruolo di Potestà che esercitò con equanimità, mai negò il sostegno richiesto dai lavoratori e soprattutto dai contadini per i quali provò a fondare persino una Banca di credito agrario che però non ebbe lunga vita. In ogni caso la famiglia d’Onofrio dovrà patire, nello stesso modo di tutte le altre, le conseguenze della grande guerra devastatrice che in tre anni falcia oltre 650 mila vittime e produce un milione di mutilati tra i quali lo stesso Vincenzo, la cui morte lo coglie ancora nel fiore degli anni a causa di ferite e malattie contratte sui diversi fronti di battaglia.

Quinto di sette figli, Italo rimane dunque orfano di padre molto giovane, ma a differenza di tanti altri adolescenti che in quegli anni di profonda crisi economica sotto il regime fascista si rassegnano ad una esistenza fatta di miseria e privazioni in paese  ̶  compensati comunque dalla tranquilla vita locale lontano dai grandi centri dove cominciano di nuovo a rullare i tamburi di guerra  ̶  lui mostra una spiccata propensione allo studio e d'accordo con sua madre decide di lasciare Santa Croce. Così, all’età di 17 anni andrà a vivere a Roma ospite di una lontana parente dei d’Onofrio la quale lo stimolerà a proseguire gli studi classici e successivamente a facilitargli l’arruolamento in aeronautica, consentendogli in questo modo di realizzare un sogno che aveva alimentato sin dall’infanzia: quello di diventare pilota. In seguito, proprio in quest’arma parteciperà alla seconda guerra mondiale fino al 1945, distinguendosi in diverse missioni.

Finita la guerra si pone il nuovo obiettivo di diventare pilota civile. Per raggiungerlo deve affrontare due soli ostacoli che riuscirà a superare facilmente: seguire un breve corso presso l’aeronatica civile e apprendere l’inglese. Questa nuova tappa gli permetterà di prestare servizio per ben quattro anni presso l'aeroporto di Fiumicino dove gli verrà affidata la responsabilità di insegnare teoria e pratica alla scuola allievi piloti.

Nel maggio del 1951 il Nostro sposerà a Roma la Contessa Maria Teresa Giordana Lucernari, discendente da famiglie nobili sia da parte di padre che di madre. Il padre era infatti il Conte Ugo Giordana figlio della Contessa Rinaldoni, laureato all'Accademia di Francia e candidato al Premio Nobel nel 1949 per le sue opere su Santa Maria l'egiziaca e San Tommaso d'Aquino. La madre a sua volta era la Contessa Lucernari, figlia del facoltoso proprietario terriero e senatore Conte Annibale, che convolò a nozze con la Contessa Elisabetta Sipari, cugina del filosofo e letterato Benedetto Croce. Dal giorno del suo matrimonio il Poeta andrà a vivere a casa di sua moglie in un immenso piano nobile sito in Piazza Navona e lì nasceranno i suoi figli Ugo, Vincenzo, Antonella, Simonetta e Livia.

Oltre al matrimonio, in quegli anni Cinquanta un avvenimento significativo segnerà la sua vita. Conosce una giovane nobildonna e frequentandola si appassiona all’araldica. Nell’approfondire la ricerca sul suo cognome scoprirà che la famiglia paterna appartiene a Baroni originari del Regno delle due Sicilie, così con una richiesta al Tribunale anagrafico otterrà in seguito l’aggiunta, sull’albo d'oro della nobiltà italiana, al suo cognome di altri cinque, vale a dire i quattro relativi ai feudi appartenuti ai suoi avi più quello della madre Donna Clementina Jovari. In questo modo diventerà il Barone Italo d'Onofrio Jovari di Mancipa Passarello Villadoro e Artesina, titolo che porterà con orgoglio per il resto della vita e del quale furono fieri gli stessi concittadini santacrocesi perché il suo carattere sempre giocoso e l’innata modestia lo resero amico di tanti conterranei che invece dell’invidia gli professarono rispetto e affetto perenne.

Nel percorso della sua vita lavorativa fu poliedrico, aprì diverse agenzie di viaggio, attività che gli permisero di conoscere il mondo accumulando tantissime esperienze. A 53 anni si iscrisse all'università laureandosi in giurisprudenza e insegnò per ben 9 anni a Teramo una materia nuova, "Navigazione aerea", inserita nei Piani di Studio della Facoltà di Legge. Scrisse diversi glossari tecnici di aeronautica alcuni dei quali furono adottati anche da aziende di primo piano come l'Alitalia. A 63 anni con esame di stato divenne Procuratore della Repubblica ed è ancor oggi ricordato come grande oratore per le sue arringhe nelle aule dei Tribunali.

Gli ultimi anni della sua vita furono costellati da gravi lutti. Perse prima la moglie e poi i suoi due figli maschi Vincenzo e Ugo, quindi in un drammatico incidente di moto il primo nipote di soli 27 anni. Questi grandi dolori lo segneranno per sempre rendendo la sua índole prima allegra e socievole sofferente e schiva.

Si spense con serenità nelle braccia della figlia Simonetta all’età di 82 anni il 15 luglio del 2006 raggiungendo così i suoi "agognati equilibri dell'eternità". Le sue spoglie riposano nella Cappella gentilizia d'Onofrio nel Cimitero del suo amato paese Santa Croce di Magliano accanto ai Suoi.

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